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    La cronoterapia nei disturbi dell’umore Conferenza del Professor FRANCESCO BENEDETTI

    Mabiem
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    Messaggio Da Mabiem Mer Ott 30, 2019 11:33 am

    La cronoterapia nei disturbi dell’umore Conferenza del Professor FRANCESCO BENEDETTI
    Psichiatra e direttore dell’unità di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele



    Che effetti ha la luce sul cervello? Come può influire sull’umore e curare malattie? Ecco i risultati delle ricerche iniziate all’Ospedale San Raffaele di Milano molti anni fa, diventati oggi protocolli di terapia internazionali. Uno dei Paesi con il tasso di suicidi più alto al mondo è il Giappone. A detenere il triste primato è la metropolitana di Tokyo, 13 linee e 8 milioni di passeggeri al giorno, accalcati nelle ore di punta soprattutto lungo la linea circolare Yamanote. Nel 2008 proprio lungo la Yamanote furono installate apposite luci blu, capaci di stimolare alcune cellule ganglionari della retina collegate direttamente con il sistema limbico. Il numero di suicidi calò del 75 per cento. Si è visto che, stimolando con luce blu alcune zone cerebrali di un individuo depresso, in pochi minuti si attiva il sistema cortico-limbico del controllo delle emozioni. Si sa che il sesso, l’età e perfino l’andamento del Pil possono incidere in modo significativo sul numero dei suicidi ma proprio i giapponesi, dopo aver registrato la quantità giornaliera di luce solare in un anno, scoprirono che questa è il principale fattore che influenza il numero di suicidi.

    LA LUCE DEL MATTINO Molti anni fa, al centro per i disturbi dell’umore dell’Ospedale Ville Turro dove lavoravo, notai che nelle camere esposte a ovest entrava solo la luce del tramonto: una luce calda, con la “temperatura di colore” più bassa, compresa fra i 3000 e i 3500 gradi Kelvin. Molto diversa da quella dell’alba, bianco-azzurra e brillante, con temperatura di colore superiore a 5000 Kelvin e in grado di attivare le cellule ganglionari menzionate in precedenza. Scoprimmo che chi era affetto da depressione o da disturbo bipolare, se ricoverato in camere esposte a est veniva dimesso addirittura una settimana prima. A parità di degenza durante l’inverno, già in primavera si notava una differenza che aumentava in estate quando l’orologio biologico tocca il massimo di sensibilità all’effetto antidepressivo della luce. Si dimostrava per la prima volta che per chi è affetto da depressione bipolare l’esporsi al mattino per un quarto d’ora alla luce del Sole è un potente antidepressivo. Il risultato apparve nel 2004 sul Financial Times. Come si spiega tutto ciò? Si è capito che la Terra è un ambiente ritmico: il nostro cervello e il mondo che lo circonda non sono separabili.
    Tutti i nostri ritmi sono adeguati alla Terra che ruota: sia gli ormoni che produciamo sia le funzioni intellettive. Quest’area di ricerca, denominata cronobiologia, è nata negli anni Sessanta.

    L’OROLOGIO BIOLOGICO Ci sono due sistemi fondamentali che regolano i nostri ritmi: quello omeostatico (quanto più tempo sto sveglio, tanto più ho sonno, e se vado a dormire la mia sonnolenza si azzera) e quello circadiano: abbiamo un orologio biologico che batte il tempo ritmicamente e fa sì che in certe ore io sia sveglio e, in altre, che io abbia sonno. L’interazione dei due sistemi determina la nostra propensione a dormire, ma anche il modo in cui gli ormoni e i neurotrasmettitori del cervello vengono prodotti e liberati. L’orologio biologico è collocato nell’ipotalamo, nel mezzo del cervello. L’oscillatore molecolare, il bilanciere, è il DNA, il nostro codice genetico: geni che vengono espressi ritmicamente e sincronizzati dalla luce. Nel 2017 i ricercatori statunitensi Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young vinsero il premio Nobel “per le loro scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano”. Scoprendo cioè che i raggi del mattino entrano dall’occhio, colpiscono la retina e mettono a punto l’orologio biologico. Nella parte periferica della retina si trovano cellule specifiche che trasmettono il segnale all’ipotalamo e lo sincronizzano costantemente con il ritmo di rotazione della Terra su se stessa. È una macchina complessa: i geni vengono espressi formando proteine che rientrano nel nucleo delle cellule e inibiscono la loro stessa espressione, con un sistema a retro-azione negativa che richiede circa 24 ore. La luce ogni mattina, con un effetto diretto, sincronizza l’espressione di questi geni. Semplificando al massimo: quando la mattina alzo le tapparelle, la luce che entra fa sì che il DNA del mio cervello venga espresso ritmicamente iniziando una trasmissione ritmica e circolare che durerà 24 ore e che organizza tutto il mio organismo. Oggi sappiamo che gli orologi biologici sono espressi da ogni cellula del corpo umano e sono sincronizzati dal pacemaker centrale nel cervello, con una serie di eventi biologici a cascata che sincronizzano tutto l’organismo. Gli ormoni e i neurotrasmettitori cerebrali vengono prodotti secondo cicli e sincronizzati già prima della nascita. Il feto sincronizza il proprio orologio biologico con quello della madre: il cervello della madre è stimolato e messo a punto dalla luce; attraverso la melatonina prodotta dalla ghiandola pineale e i ritmi di temperatura, ormoni e pressione, a livello placentare si attivano gli orologi biologici dall’ipotalamo della madre a quello del figlio e vengono sincronizzati regolando i ritmi circadiani del feto che quindi, attraverso gli occhi della madre, entrano in contatto con la rotazione della Terra su se stessa. Il concetto fondamentale è che anche i geni dell’orologio biologico hanno delle varianti alleliche (ricordiamo che ogni cromosoma contiene geni che esprimono i caratteri ereditari di un individuo; ogni gene possiede due alleli, uno proveniente dall’informazione genetica del padre, l’altro da quello della madre); questo fa sì che ognuno di noi sia diverso dall’altro. Se fossimo liberi dagli effetti di sincronizzazione della luce ognuno di noi avrebbe un orologio con un ritmo proprio. Chi va a letto presto, si sveglia presto ed è subito attivo, è detto “allodola”. Chi si addormenta tardi e si sveglia tardi, preferendo svolgere delle attività pomeridiane, è definito “gufo”, mentre il 50 per cento della popolazione è più o meno allineata. Questa preferenza per l’agire di mattina o di sera è legata all’orologio biologico: quando è ritardato rispetto al moto di rotazione della Terra spesso è associato alla depressione. Nel corso stesso della vita c’è un ritmo che determina una fluttuazione, legato a sostanze prodotte dal corpo nelle diverse età (come la citochina del sistema infiammatorio e gli ormoni): i neonati sono straordinariamente mattutini, gli adolescenti hanno un ritardo di fase e diventano sempre più serotini mentre con l’età si ritorna a essere mattutini. La caratteristica individuale è data quindi dall’interazione tra tutti questi fattori: genetici, legati all’età e all’alternarsi di luce e buio.

    MELATONINA E STAGIONI Si è visto inoltre che il cervello è sincronizzato non solo con il ritmo di rotazione della Terra, ma anche con la rotazione della Terra intorno al Sole, quindi con la luce dei ritmi stagionali. Oltre all’orologio biologico, si deve tener conto dell’ormone detto melatonina, prodotto dalla ghiandola pineale secondo un meccanismo complesso, anch’esso sincronizzato dalla retina: in presenza di luce la melatonina non viene prodotta. Con il buio il cervello “prende” serotonina (neurotrasmettitore collegato alla depressione), la trasforma in melatonina e la libera nel sangue, segnalando all’intero organismo che è notte ed è l’ora di passare alla fase notturna dei cicli e andare a dormire. Questo segnale varia moltissimo a seconda del fotoperiodo, cioè la quantità di ore di luce, dall’estate all’inverno. A seconda delle stagioni, cambiano il numero di ore di luce e la loro intensità. Il nostro cervello ne è informato attraverso la quantità di melatonina che viene prodotta: tanto buio, tanta melatonina per tanto tempo. E’ la luce che sincronizza questi ritmi stagionali: il ritmo di produzione dei neurotrasmettitori (in primis la serotonina) segue esattamente la quantità di luce disponibile. Se al solstizio d’estate il cervello produce circa 1.000 picomole al minuto di serotonina, al solstizio d’inverno la quantità è inferiore a 100. Quindi scende di 10 volte in autunno e sale di 10 in primavera: la depressione coincide con la discesa e la risalita della serotonina. Con la tomografia a emissione di positroni si può dosare nel cervello il trasportatore della serotonina, una molecola che aumenta in tutte le aree cerebrali al calare della luce, e vedere come cambia il sistema di trasmissione della serotonina. Scopriamo che tanto più varia la produzione di serotonina, tanto più le persone predisposte soffrono dei sintomi della depressione stagionale. Se usiamo la luce per curare la depressione, possiamo mappare nel cervello il cambiamento che regola il trasportatore della serotonina: se riusciamo a riequilibrarlo, il paziente guarisce. Riassumendo: nell’ipotalamo parte l’attivazione dei geni dell’orologio biologico, che poi diminuirà durante la notte, e così via con un ritmo ciclico. La luce fa partire la produzione di serotonina, che di notte diminuirà. I tre principali bersagli delle cure depressive (serotonina, dopamina e noradrenalina) seguono lo stesso ritmo ciclico; i farmaci antidepressivi cercano di potenziarne la trasmissione che è soggetta a ritmi circadiani. Sappiamo in più che alcuni neuroni addirittura cambiano trasmettitori e liberano l’attivazione dell’asse periferico dello stress. Sappiamo che alcuni neuroni della retina regolano direttamente il sistema limbico e quindi la capacità di provare emozioni positive o negative. Noi non abbiamo paura “del” buio, ma abbiamo paura “al” buio. Un botto al buio genera paura, una fortissima emozione negativa. Abbiamo mappato con precisione questi circuiti e sappiamo come la luce li sincronizzi, modificando le nostre preferenze diurne e facendo sì che nel cervello umano, in funzione della quantità di luce che si è ricevuta nelle settimane precedenti, i gangli della base cranica, le amigdale e la corteccia cingolata (cioè il sistema cortico-limbico di controllo delle emozioni) reagisca diversamente agli stimoli negativi, influenzando tutti i sistemi ormonali neurotrasmettitoriali (persino gli ormoni della tiroide) con una quantità di effetti. Si deduce che l’orologio biologico controlla l’umore in mille modi regolando i neurotrasmettitori, le risposte immunitarie, l’asse dello stress. Se io lo perturbo (con il jet lag, o cambiando turno di lavoro) oppure lo de-sincronizzo (modificando il mio sonno, la mia attenzione agli stimoli, i miei ritmi di lavoro) possono esserci danni e l’insorgere di depressione.


    LUNA E MAREE Non dimentichiamo poi l’attrazione gravitazionale della Luna che, a seconda della sua posizione rispetto alla Terra e al Sole, determina maree più o meno forti. Oggi Thomas Wehr dell’unità di psicobiologia clinica dell’NIMH, National Institute of Mental Health degli Usa, dimostra scientificamente come i pazienti con disturbo bipolare a cicli rapidi hanno i loro episodi di malattia secondo un ritmo che riproduce quello delle maree lunari o, addirittura, il grande ciclo perigeo, ossia quello delle superlune. Sono ritmi endogeni di tono dell’umore, mini-cicli durante gli episodi depressivi. Conta poco che ci sia il plenilunio o la Luna nuova, ma conta la forza di marea in linea con la quantità di sonno. Oggi è possibile dire (è stato pubblicato su Translational Psychiatry, la sezione di psichiatria sperimentale di Nature) che i cicli di umore bipolare si associano ai cicli della Luna che sincronizzano i ritmi circadiani. L’aveva detto Ippocrate: “L’uomo e il suo ambiente non sono separabili”. Non posso separare il mio cervello dal Sole, dai ritmi della Terra e dall’ambiente che mi circonda. E alla fine, scrivevo anni fa su Biological Psychiatry, ciò che caratterizza i pazienti con depressione bipolare o unipolare rispetto a chi non ne soffre è “solo” il fatto di essere molto più sensibili a questi ritmi e di avere meno meccanismi omeostatici di compensazione. La reazione del cervello agli stimoli positivi o negativi viene modificata e influenzata dalle piccole varianti alleliche dei geni dell’orologio biologico. Esse non causano la malattia bipolare, non causano la depressione, ma se si è depressi fanno sì che si diventi molto più tristi con una differente capacità di elaborarne gli stimoli. Il senso di colpa, l’autoaccusa, il pessimismo variano in funzione delle varianti alleliche, in funzione degli eventi della vita esterna e dei sistemi di sincronizzazione. Abbiamo mappato tutto ciò nel cervello, scoprendo che queste persone tendono di più al suicidio a causa di fattori genetici relativi all’orologio biologico che li rendono più vulnerabili agli effetti distruttivi prodotti dallo stress nell’intero organismo, compresi gli organi periferici.


    *La conferenza fa parte del ciclo “Incontri con la scienza – per saperne di più” organizzato da Progetto Itaca. Trascrizione a cura di Maria Luisa Bonacchi e Giulia Travaini

      La data/ora di oggi è Dom Apr 28, 2024 2:27 pm