Correlazione mania e depressione
Mabiem | Pubblicata il dom Lug 16, 2017 1:47 pm | 4036 Visite
Io penso che imparare a conoscere i sintomi prodromici o a gestire le fasi maniacali sia molto importante. Credo inoltre che la psicoterapia possa essere utile a mettere in atto comportamenti che ci tutelino dai danni materiali compiuti in fase maniacale.Effettivamente esista una correlazione tra la fase eccitativa e quella depressiva più o meno secondoun determinato paradigma .Attenzione all'autoinganno, però, la fase maniacale (pur controllata con metodiche comportamentali) resta una fase di sovraeccitazione del cervello che varia ben poco in dipendenza della tua capacità di controllarla. Il fatto stesso che essa si presenti, vuol dire che il tuo equilibrio mentale è destabilizzato. Questo implica il successivo passaggio per una fase depressiva.Ognuno poi ha i suo personale modo di funzionare nell'alternanza delle fasi ma tieni presente che un conto è prevenire il danno materiale causato dallo stato maniacale, altra cosa è controllare la tua mente perché non passi in fase eccitatoria. La prima cosa può essere gestibile, la seconda no.Aggiungo che il passaggio tra le fasi comporta uno stress molto forte a livello biomolecolare per il cervello e le conseguenze a lungo termine sono i deficit cognitivi che molti sperimentano e che rappresentano una delle maggiori criticità per la nostra vita.Una persona bipolare che ha oscillazioni patologiche di fase e non è stabilizzato, è opportuno che segua scrupolosamente la sua terapia farmacologica mirata alla stabilizzazione o quanto meno alla riduzione degli eventi allungando la fase eutimica.Questa, oltre ad essere una mia personale convinzione, è quanto emerge da tutta la letteratura scientifica più recente e più accreditata.Jack di Cuori Come ci gestiamo in merito, scrivo un post super-lungo per raccontarei io come mi gestisco e quella che definisco la mia attuale terapia. Premetto che non faccio uso di farmaci né mai ne ho fatto. Forse un giorno sarà necessario, nella vita non si può mai sapere perché gli equilibri cambiano continuamente. Ma al momento sto gestendo tutti i sintomi tranne i disturbi del sonno. Pian piano, sto lavorando pure su quelli :)Io nel mio piccolo della mia esperienza personale ti posso dire che questa che descrivi tu è esattamente non solo la strada che ho intrapreso ma anche quello che ho letto in molti articoli in inglese. Di fatto, posso dire di aver iniziato la terapia già da prima ancora di essere diagnosticata perché la mia psicologa aveva subodorato quasi da subito cosa ci fosse sotto (stavo a duemila...) quando mi rivolsi a lei per capire cosa fossero quelle che mi limitavo nella mia ignoranza a chiamare "crisi", e avendolo intuito aveva sin dal primo giorno cominciato a orientarmi verso lo "slow down" e il "take care" ossia rallenta e prenditi cura di te (ci sarebbe molto da approfondire, detto così suona miseramente banale ma fidati che non lo è, tutto il contrario). Poi ovviamente, dopo la diagnosi, da semplici "consigli" siamo passate ai fatti e a strategie mirate che affondano solidissime basi nella scienza. Lei è una psicologa americana e, piccola parentesi, adoro il suo modo di lavorare che purtroppo non ho mai incontrato in nessuno in Italia: ha un approccio totalmente diverso. Nei vari paesi ci sono discrepanze abissali sia nei trattamenti disponibili che nella concezione stessa della psicoterapia (ho fatto ricerche approfondite in merito, è stato l'argomento della mia tesi triennale) e io devo dire che da quando ho cominciato a leggere direttamente dalle fonti inglesi ho avuto accesso a tutto un altro mondo.La mia cura per il BD al momento è un cocktail di "self-help" (lo autodefinisco così perché di fatto non è che ci sia un nome per quello che sto facendo/seguendo) che ho costruito attraverso l'aiuto e la guida della psicoterapia e attraverso uno degli strumenti stessi che ho inserito dentro a sto cocktail di self-help, ossia l'informazione. Ricevuta la diagnosi in fase maniacale acuta ho navigato l'onda (rischiosamente, lo so - e di conseguenza OVVIAMENTE non lo consiglio, ma già che la cazzata l'ho fatta quantomeno ne ho messo a frutto i lati positivi) e tra le altre cose ho ingurgitato pagine e fonti (in questo l'OCD c'ha sicuramente messo lo zampino) per capire il disturbo da tanti punti di vista differenti e quello che ne è venuto fuori è stato che tutti, TUTTI gli articoli che ho letto riportavano come cosa essenzialmente utile un insieme di strategie (che si differenziavano nei vari articoli) ma che partivano comunque tutti dalla base comune dei farmaci.Cioè: stando agli articoli prima si parte dai farmaci, poi tutto il resto che però resta comunque fondamentale. E questo "tutto il resto" è stato dimostrato come faccia enormemente la differenza in quei rari casi in cui neppure la terapia farmacologica riesce a fare effetti (mi pare si chiami "resistenza" ma non ricordo il termine tecnico).Per farti esempi concreti, sennò risulta complicato capire cosa intendo: nelle ultime ricerche e scoperte si è capito che la terapia migliore per il BD non è una terapia bensì un insieme e una interazione costante di terapie e strategie. Ora, il fatto dell'insieme e dell'interazione è abbastanza chiaro: significa semplicemente che un bipolare ha bisogno di TUTTO insieme e non solo di una cosa piuttosto che di un'altra.Diverso e più complesso è il discorso sul plurale usato in "terapiE" e "strategiE". Quali terapie? Quali strategie? Che significano questi termini? Perché li uso al plurale? Risposta: ho fatto una sintesi di tutto quello che riportavano i vari articoli che non erano in contraddizione ma, al contrario, si integravano tra loro perfettamente, ossia che ognuno mancava di qualcosa che veniva nominato in un altro, e cosí via. L'unico punto comune da cui tutti partivano era sta benedetta cura farmacologica come punto di partenza ma da accompagnare con tutto il resto (che variava).Per terapie si intendono quella farmacologica associata a quella psicologica e quindi è fondamentale avere degli specialisti di riferimento ed essere seguiti (io mi sono sempre trovata meglio con psicoterapisti o psicologi che non psichiatri, ma questo è un mio punto di vista molto personale e dovuto sicuramente alla mia esperienza e al mio approccio). Ma anche qui gli articoli concordano che non c'è una formula universale: quale terapia farmacologica? Ossia: quali farmaci? Ogni caso è unico e i farmaci vanno provati e valutati per il singolo caso. Niente generalizzazioni. E quale terapia psicologica associarci? Stessa risposta che per i farmaci: molti concordano che la Terapia Cognitivo-Comportamentale o quella che ne viene considerata la Terza Onda ossia la Mindfulness Therapy sono tra gli approcci che apportano i risultati migliori (e non posso che concordare data la mia personale esperienza). Altri parlano di ACT: Acceptance and Commitment Therapy (non ho idea di come l'abbiano tradotta in italiano, le mie fonti e la mia psicoterapia sono in inglese...). Ma ce ne sono talmente tante che davvero dipende molto dal mindset della persona, del paziente, ma ancora di più dalla bravura dello psicoterapeuta.Per strategie si intende un insieme di accortezze che sono fondamentali per la gestione del BP e che vanno eseguite dalla persona stessa, per questo in alcuni articoli prendono il nome di "self-help". Ma di cosa si compone questo self-help? Gli articoli, come già scritto, riportavano tutte cose diverse ma integrabili a vicenda. Io li ho elencati uno dopo l'altro per crearne una lista unica che li comprendesse tutti e quello che mi venne fuori fu: 1) Lifestyle, lo stile di vita 2) alimentazione sana 3) esercizio fisico 4) rete sociale di supporto 5) informazione 6) self-help propriamente detto.Quindi siamo a quota: 6 strategie "personali" + 2 terapie: psicoterapia + farmacoterapia. Non posso entrare nel dettaglio dei singoli punti 1-5 (servirebbero pagine e pagine solo per quelli) ma, molto brevemente:1) Lifestyle: assolutamente NO STRESS e focus sul SONNO: assolutamente dormire un adeguato numero di ore per notte. Bisogna impostare uno stile di vita il più tranquillo possibile - m bada che tranquillo non vuol dire noioso, vuol dire evitare di fare le corse e andare sempre per uno e mettere appuntamenti e scadenze una dietro l'altra.2) Alimentazione sana (e consapevole, aggiungerei). Inutile aggiungere altro, tutti noi sappiamo bene quanto l'alimentazione influenzi il nostro umore e la nostra energia...3) Esercizio fisico: almeno settimanale, se non bisettimanale. L'ideale sarebbe quasi quotidiano ma non stressante. Anche solo una passeggiata va più che bene, possibilmente nella natura o in un posto tranquillo che eviti di farci venire rodimenti di culo, tipo il traffico di Roma.4) Rete sociale di supporto: è fondamentale più per gli effetti che ha nella nostra testa che per le azioni reali che le persone che ne fanno parte possano fare per aiutarci. Selezionare poche persone intime e fidate a cui dire e che siano lì nel momento del bisogno, che sia aiutarci a scendere da un high o darci la mano per rialzarci dal down. Ma la rete serve più per la nostra mente per elaborare consapevolmente il fatto di non essere soli che non per quello che di fatto possono fare per noi (sappiamo bene che un abbraccio non basta a guarire una depressione...). Il vuoto, il buco esistenziale, l'essere soli o la paura di restarlo sono tra i peggiori nemici del down del BP e tra le sostanze più infiammabili della disperazione.5) Informazione: più ne sai del BD, di come funziona, di cos'è, di cosa fa al tuo cervello, delle ultime scoperte, delle terapie consigliate, dei processi bio-chimici coinvolti, delle conseguenze nel lungo termine se trascurato, etc. e più la consapevolezza, l'accettazione e la convivenza pacifica e serena con il disturbo diventano possibili e fattori concreti, reali. A me per esempio una cosa che ha aiutato è stato vedere le scansioni cerebrali (fMRi, MMRI) dei cervelli OCD e BD e vedere le aree cerebrali implicate, cosa si attiva e cosa si sfancula.6) Self-help propriamente detto: capire che gli alti e bassi derivano da sia da sbalzi d'umore sia d'energia (interessante che alcune ricerche sembrano mostrare che i mitocondri, le centrali energetiche delle cellule, potrebbero effettivamente avere un ruolo in tutto questo casino che ci portiamo dentro) e cioè che siamo soggetti a episodi maniacali di umore alto+energia alta oppure depressivi umore basso+energia bassa oppure a quelle che alcuni definiscono "crisi miste" con umore alto+energia bassa oppure umore basso+energia alta. Quest'ultimo caso, umore basso associato a energia alta è considerato dai più uno dei momenti più critici e pericolosi perché puó portare all'atto concreto del farla finita. Detto ciò, il self-help è proprio la capacità non solo di riconoscere gli episodi maniacali, depressivi o le crisi miste, ma addirittura di riconoscere sul nascere i segnali di aumento o diminuzione dell'energia e/o dell'umore e quindi di "prenderli in tempo" prima che diano sfogo agli episodi o alle crisi "complete". Più ci si addestra in questo, e più si diventa veloci sia nel riconoscere i cambiamenti di umore/energia e sia nel prendere provvedimenti e sia nel ritornare allo stato di equilibrio. Ma probabilmente e per fortuna delle cose che caratterizzano questo punto 6 ne sappiamo tutti fin troppo bene :)Dopo aver fatto questo quadro generale, l'ho applicato e ritagliato su misura per il mio caso specifico. Premetto che seguo da un anno e mezzo ricerche, seminari e conferenze di un centro di ricerca qui in Danimarca che collabora con l'Università di Oxford e con quella di Aarhus (dove studio) che si chiama Music In The Brain e mi convinco sempre di più di quanto la musica sia fondamentale nella gestione dell'umore e dell'energia. Premetto anche che per me la musica è sempre stata un punto di riferimento. Insomma, il mio personale "cocktail di self-help" è composto da tutti i punti sopraindicati tranne i farmaci: ho sostituito la farmacoterapia con l'arte-terapia (sostituito nel senso "dalla lista" perché non stavo assumendo farmaci). Quindi di fatto i numeri non cambiano: seguo 2 terapie + 6 strategie "personali" (le virgolette perché ovviamente anche nelle strategie sono seguita dalla psicoterapia, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei disturbi alimentari). Nel mio caso specifico, io uso la musica come stabilizzatore dell'umore, associandola a tutto il resto del cocktail ovviamente. Ma ho volutamente parlato di arte-terapia e non di musica-terapia perché, di fatto, ogni arte funziona (le ricerche dimostrano però che la musica e la scrittura sono in genere le più efficaci o quantomeno le più utilizzate).Questo è quello che ho tratto e creato a partire dall'analisi e dalla rielaborazione (guidata dalla mia terapista e ritagliata sul mio caso specifico - ci tengo a precisare entrambe le cose: il fai da te senza guida è pericolosissimo!) di tutta la letteratura scientifica ingurgitata. Inutile aggiungere che affinché queste cose funzionino, vanno fatte TUTTE: trascurarne anche solo una può pregiudicare e mandare in vacca tutto, soprattutto se si tratta dell Lifestyle o dell'alimentazione o peggio della psicoterapia: senza una guida psicologica adeguata SCONSIGLIO vivamente di intraprendere questa strada. Al contrario, se si ha uno/a psicologo/a di fiducia, consiglio il tentativo. La mia vita è cambiata radicalmente e nell'arco di relativamente pochissimo tempo. Sono arrivata a livelli di pace mentale che veramente non avrei mai neanche immaginato fino a tre mesi fa. Robin