Quando si parla di benessere psico-fisico ed equilibrio emotivo, e quindi di Salute Mentale, una questione fondamentale non può essere trascurata: l'importanza di prendersi cura di se stessi ma soprattutto l'aspetto metacognitivo e di giudizio nei confronti del prendersi cura di sé.
Che cosa significa?
Tale questione potrebbe prendere libri e libri a seconda del punto di vista da cui si analizza (emotivo, relazionale, affettivo, cognitivo, comportamentale, metacognitivo, etc.). Lascerò fuori molto ma provo a riassumere il succo. Ci tengo a precisare che parlo per esperienza e fonti: è una cosa su cui ho lavorato e ho superato con successo, dopo un lungo addestramento pratico e tanta informazione teorica.
Ció che spesso accade a molti con un trascorso problematico è che tendono a mettere gli altri e i bisogni degli altri davanti a se stessi e alle proprie necessità, pagandone care le conseguenze. Nelle nostre culture-società l'altruismo e la generosità vengono connsiderate come valori imortanti ma c'è una linea molto sottile tra questi termini/concetti e il loro abuso. È bene svilupparne una profonda consapevolezza se si vuole evitare il rischio di mettersi sempre in secondo piano, causandosi sofferenza e malesseri che potrebbero facilmente essere evitati senza comunque nuocere agli altri e restando compassionevoli, altruisti e generosi.
Per tutti coloro che soffrono di Disturbo Bipolare, è bene fare presente che molti di questi meccanismi si ritrovano nel vostro mindset e modo di essere proprio a cause delle dinamiche profonde del vostro disturbo, sia per come agisce e ha agito negli anni dentro e fuori di voi, sia per quello che siete e che avete imparato ad essere navigando faticosamente e dolorosamente attraverso le vostre difficoltà e sofferenze.
Ci sono dei nodi fondamentali da spicciare se si vuole imparare ad essere in grado di imparare a gestire il proprio altruismo compatibilmente con il prendersi cura di sé. È fondamentale imparare a fare le cose per se stessi e anche per gli altri, non soltanto l'uno o l'altro. La realtà (esterna) in cui viviamo e quello che noi siamo (internamente), nonché le interazioni tra le due cose, non sono mai duali :)
Risolti questi nodi di base potrai lavorare su contorno e cornice e sarà più semplice affrontare tanto la quotidianità quanto sfide più alte e complesse.
1) Senso di colpa. Sia per cultura che per educazione (a tutto tondo: dalla società italiana in generale all'educazione familiare ricevuta, fino ad arrivare ai discorsi di genere per cui ad esempioo se si è "donna" si viene cresciute "come tale", cioè come coloro che devono sacrificarsi per il bene della famiglia) ti è stato inculcato che se pensi a te stessa sei egoista, con tanto di condizionamento comportamentale e cognitivo (es. se da piccola facevi cose per te stessa venivi rimproverata o peggio punita). Hai perció sviluppato il senso di colpa come risposta immediata al "fare le cose per te" e al "mettere te stessa davanti, prima di tutto".
Per questo è difficile ora da adulta rompere il condizionamento. La prima cosa è la consapevolezza dei meccanismi interni, la seconda l'accettazione e la terza il cambiamento.
Ma come si cambiano queste dinamiche?
Capendo prima di tutto che non c'è un collegamento reale tra "fare le cose per se stessi" e l'egoismo: il collegamento cognitivo te l'hanno creato. Dopo aver sconnesso i due concetti, comincia a dare nuovi nomi alle cose, ad es. invece di dire "fare le cose per te" che in qualche modo a livello metcognitivo ti fa sviluppare pensieri malsani giudicanti sul pensiero stesso, e a livello emotivo ti fa da trigger per il senso di colpa, comincia a usare espressioni neutre come "prenderti cura di te". Di fatto, stai dicendo la stessa cosa ma con un focus e una consapevolezza e un'attitudine mentale completamente diversa che ti serve come base per non scatenare il senso di colpa.
Ad esempio, invece di pensare "oggi faccio una cosa per me" (che poi ti fa sentire egoista e colpevole a causa del condizionamento ricevuto sin dall'infanzia) pensa "oggi mi prendo cura di me" (che invece che scatenare il senso di colpa affonda le radici nell'amore - per te stessa). Nel momento in cui decade il giudizio sul pensiero (livello metacognitivo) decade anche la conseguente componente emotiva e cioè il senso di colpa. Tolto il senso di colpa, diventa molto più semplice fare le cose per se stessi e mettersi al primo posto - il che è una cosa SANA e non brutta e cattiva come ci è stato erroneamente insegnato e inculcato.
2) Self-care diverso da egoismo (selfishness). Prendersi cura di sé significa attuare il "self-care" e non l'essere "selfish" (egoista): c'è una differenza fondamentale e l'inglese in questo aiuta molto di più dell'italiano perché a livello terminologico ha 2 termini diversi per indicare 2 concetti e attitudini diverse, invece in italiano il problema è prima di tutto linguistico e verbale. Noi abbiamo un solo termine "egoismo": al massimo, "self-care" potrebbe essere tradotto con "egoismo sano" ma il problema è che a livello metacognitivo giá la parola "egoismo" è caricata da connotazioni estremamente negative e ci viene difficile accettarlo come qualcosa di buono. Già solo all'udire quel termine ci salgono un misto di emozioni negative, di rifiuto.
La differenza tra i due termini/atteggiamenti qual è?
Selfishness (egoismo): penso soltanto a me stesso (sottinteso: non mi preoccupo degli altri). Quindi agisco in modo sconsiderato e posso causare dolore e sofferenza. Il mio benessere viene prima di tutto e non mi importa niente degli altri o dei loro bisogni, non li considero proprio.
Self-care (egoismo sano): penso prima di tutto a me stesso (sottinteso: peró tengo in considerazione anche gli altri). Quindi agisco in modo che io sto bene (priorità assoluta) ma comunque considero e rifletto sulle conseguenze per gli altri del mio agire. Ad ogni modo, so che il mio benessere viene prima di tutto, so che se non sto bene io per prima non posso neanche fare il bene per gli altri. Anche se cerco di nuocere il meno possibile agli altri, comunque mi rendo conto che devo prima di tutto fare ciò che fa stare bene me e, nel limite del possibile, evitare comunque inutili sofferenze agli altri.
2) Empatia. Da bravi bipolari e da persone che abbiamo sofferto e soffriamo molto, e raggiungiamo down che altri non raggiungeranno mai nel corso di tutta la loro vita, noi siamo più suscettibili e sensibili di molti quando si parla di dolore e sofferenza. Per questo abbiamo il terrore di causarla agli altri: perché sappiamo quanto sia devastante. Chunque è sceso nell'inferno di un down farebbe qualsiasi cosa per non tornare lì sotto: figurarsi quanto possa essere lontano dal nostro modo di agire qualcosa che possa causare la discesa agli inferi a qualcuno che amiamo!
L'empatia da una parte è una cosa nobile, dall'altra se non ci viene insegnato a gestirla è estremamente deleteria e pericolosa, ne diventiamo vittime. Comprendere cosa è l'empatia per il dolore e la sofferenza altrui significa anche capire come e perché noi non possiamo sempre accontentare tutti. Nel limite del possibile nuociamo meno che possiamo, ma ci sono casi in cui si deve scegliere di mettersi al primo posto, per il nostro stesso bene, e quindi sí, in quei casi potremmo effettivamente causa sofferenza agli altri se i nostri bisogni/necessità sono in conflitto con quelli di qualcun altro. Ma da empatici ne soffriamo paradossalmente più noi di coloro ai quali causiamo questa sofferenza. È per questo che devi imparare a comprendere, accettare e gestire la sofferenza che causi. Anche qui il primo passo è la consapevolezza: è un dato di fatto che per qualcuno sarai causa di sofferenza ma questo non significa che tu sia una persona malvagia o cattiva o peggio egoista. È impossibile non nuocere a nessuno. È impossibile accontentare tutti.
Soprattutto se accontentare gi altri significa fare del male a se stessi (ho un passato problematico con personalità borderline e narcisiste, parlo per esperienza diretta).
3) Barriere e legami affettivi. Imparare a mettere dei limiti. Non puoi esserci SEMPRE e per TUTTI. Di nuovo: consapevolezza, accettazione, cambiamento. Lo capisci, lo accetti, impari ad agire in modo diverso da come hai fatto finora. Piú semplice a dirsi che a farsi ma sicuramente è la strada vincente. Se sei disponibile h24 per chiunque, vivi male. Se aspetti che siano gli altri a non approfittarsi della tua disponibilità, vivi male. Non perché gli altri siano cattivi ma perché stando con te e prendendo da te loro si sentono bene e quindi magari ti si attaccano anche per il bene, non per il male o per farti del male. Ma la conseguenza è comunque deleteria per te. Devi imparare a dire No, basta imparare a farlo con gentilezza e dolcezza e non avrai nessun problema e le persone impareranno a rispettare le tue barriere e ti ameranno lo stesso, anzi, impareranno ad apprezzare ancora di più il tempo che tu scegli di dedicare loro.
Se tu sei una "giver", provi piacere nel donare.
Alcuni sono solo "taker" e provano solo piacere nel ricevere. A questo tipo di personalità devi stare molto attenta: non perché siano cattivi ma perché male si incastrano con la tua, ti possono creare molta sofferenza. Ma non potendo gestire la loro mente, non potendoli trasformare in giver, devi imparare a gestire tu la tua di mente e come conseguenza la tua relazione con loro si baserà su come TU la imposti. Non devi necessariamente abbandonarli dalle tue amicizie, ma devi sicuramente imparare a gestirli, tanto per il tuo benessere quanto per il loro. Io ho molti amici "taker", mi richiedono molto più sforzo dei "giver" quel tipo di relazioni ma comunque sono belle persone e mi danno tanto e da quando ho imparato a "gestirli" non mi pesa più neanche il fatto che siano taker, che prendano solamente senza dare - anche perché loro neppure se ne rendono conto ma io cresco lo stesso da ció che comunque mi danno! Difficile che in un rapporto a due (o più) nessuno prenda niente. Si ha sempre qualcosa da offrire, anche non intenzionalmente.
Ovviamente questa classificazione è una semplificazione dualistica della realtà, ci sono moltissime persone che sono sfumature tra giver e taker. Ho evidenziato i due casi estremi perché sono i più difficili da gestire tanto come partner che come amicizie o familiari.
Ci sarebbero milioni di altre cose da aggiungere al discorso sotto molteplici aspetti, ma questo penso sia giá un bel po' su cui poter cominciare a lavorare :)
Ricordate che imparare a prendervi cura di voi stessi non significa necessariamente essere egoisti. È un dovere che avete, tanto verso voi stessi quanto verso gli altri.